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La scuola non è un progettificio: i docenti devono lavorare solo in classe, avere stipendi adeguati al ruolo, contratto a parte: richieste Gilda. VIDEO

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La tecnica della scuola

Dopo l’uscita di scena di Rino Di Meglio, la Gilda degli insegnanti ha avviato un nuovo ciclo affidandosi a Vito Carlo Castellana: durante il Congresso nazionale, svolto a Roma il 23 e 24 maggio, il nuovo coordinatore nazionale del sindacato autonomo ha incassato oltre il 90 per cento di consensi e individuato la nuova linea strategica da portare avanti nei prossimi anni.

Alcuni punti, però, rimangono gli stessi degli ultimi decenni. Sono dei veri e propri cavalli di battaglia “targati” Gilda degli Insegnanti: l’attuazione di un contratto separato per il personale docente rispetto agli Ata, la sburocratizzazione del lavoro degli insegnanti per valorizzare il lavoro in aula con gli alunni, il ruolo unico della professione docente con l’allineamento degli stipendi senza più differenze tra un livello scolastico e l’altro, convincere l’amministrazione a reperire più risorse per il personale.

La Tecnica della Scuola’ ha incontrato proprio il nuovo coordinatore nazionale del sindacato, Vito Carlo Castellana, affrontando con lui i vari temi.

D. Castellana, è il momento dei propositi per il prossimo triennio cosa volete realizzare, quali sono gli obiettivi principali della Gilda degli insegnanti?

R. Il primo obiettivo da sempre è quello di dar voce al mondo della scuola, al mondo reale della scuola, agli insegnanti che sono sul campo e lottano quotidianamente e l’obiettivo di sempre della Gilda degli insegnanti è ottenere un contratto separato: un contratto specifico per il personale docente, non per mettere in contrapposizione docenti e non docenti, ma semplicemente per valorizzarne le specificità. Siamo convinti che l’unica strada per ottenere riforme normative che proteggano e tutelino il mondo della scuola e poter avere degli stipendi che siano adeguati al ruolo che la scuola pubblica statale ha nella nostra società. Perché tutto parte di lì. Bisogna investire nella scuola e nel personale della scuola non a parole, ma nei fatti: servono interventi normativi chiari. Penso, per esempio, alla questione della sicurezza nelle scuole, ma penso anche alla sburocratizzazione che è indispensabile perché bisogna essere concentrati sulla didattica.

D. A questo proposito, durante il Congresso e il confronto con i delegati avete parlato del problema delle molestie rivolte alla professione dell’insegnante: cosa bisognerebbe fare da questo punto di vista?

R. Bisognerebbe intanto iniziare ad evidenziare quanta documentazione inutile c’è nelle scuole, spesso autoreferenziale. L’attività dell’insegnante deve essere concentrata sulla preparazione delle lezioni, sull’attività appunto didattica da svolgere con i nostri studenti, incentrata sulle 18 o 22 ore più 2 oppure su 25 ore, a seconda del livello. Invece, oggi l’attività degli insegnanti è spesso incentrata sul progettificio, su una programmazione che spesso è inutile e questo non va bene perché di fatto perdiamo di vista quello che è l’obiettivo: ricordiamo che la scuola pubblica statale è il vero ascensore sociale che abbiamo in questo Stato, forse l’ultimo ad essere rimasto. Ed è lì che deve esserci l’attenzione, non su altro.

D. A questo proposito, durante il Congresso e il confronto con i delegati avete parlato del problema delle molestie rivolte alla professione dell’insegnante: cosa bisognerebbe fare da questo punto di vista?

R. Bisognerebbe intanto iniziare ad evidenziare quanta documentazione inutile c’è nelle scuole, spesso autoreferenziale. L’attività dell’insegnante deve essere concentrata sulla preparazione delle lezioni, sull’attività appunto didattica da svolgere con i nostri studenti, incentrata sulle 18 o 22 ore più 2 oppure su 25 ore, a seconda del livello. Invece, oggi l’attività degli insegnanti è spesso incentrata sul progettificio, su una programmazione che spesso è inutile e questo non va bene perché di fatto perdiamo di vista quello che è l’obiettivo: ricordiamo che la scuola pubblica statale è il vero ascensore sociale che abbiamo in questo Stato, forse l’ultimo ad essere rimasto. Ed è lì che deve esserci l’attenzione, non su altro.

D. Castellana, perché in Italia gli stipendi della scuola non riescono ad equipararsi a quelli di altri paesi avanzati?

R. Intanto in Italia abbiamo un’anomalia, ci vorrebbe il ruolo unico della professione docente perché comunque abbiamo tutti lo stesso titolo di studio e quindi serve un innalzamento per tutti dello stipendio. Poi, a scuola oggi non si sta bene: i tanti trasferimenti di sede sono sintomo del malessere che c’è nelle scuole che non è solo economico, ma è anche in realtà ambientale. Poi la questione economica è evidente: il mondo della scuola a parità di titolo di studio guadagna un 20-30% in meno rispetto al resto della pubblica amministrazione. Ecco perché dobbiamo avere un contratto separato, intanto per l’istruzione e poi per una distinzione fra personale docente e personale ATA. Solo così troveremo una soluzione perché altrimenti continueremo ad avere dei contratti legati al calderone del pubblico impiego e quindi ci dovremo accontentare delle briciole.

D. A proposito di contratto, il 28 maggio sarete di nuovo all’Aran: lo stesso presidente Naddeo ha confermato che non possono esserci incrementi rispetto a quanto stabilito in Legge di Bilancio. Voi cosa intendete fare?

 

R. Ad oggi siamo appena al quarto incontro, sta davvero procedendo tutto molto molto a rilento. Inizialmente era stato detto da qualcuno che la colpa era delle elezioni RSU, ma sono degli alibi, perché voglio ricordare che il precedente contratto era scaduto 31 dicembre 2021 ed è stato rinnovato a gennaio 2024, quindi diciamo che un modus operandi, ormai difficile da comprendere, quello di ritardare e rallentare i contratti. In realtà, noi ci dobbiamo sedere a un tavolo e dobbiamo discutere delle risorse e se non ci sono le devono trovare, perché il mondo della scuola richiede attenzione e ripeto non solo a parole: servono i fatti. Se vogliamo che il mondo della scuola recluti i migliori docenti e se vogliamo combattere la piaga del precariato e le difficoltà di reclutamento in alcune zone d’Italia, la risposta è una e una sola: gli stipendi.