Retribuzione economica, precariato, divario tra nord e sud, burocrazia, scarsa dignità professionale. Sono molti i problemi che sembrano affliggere il sistema scolastico, così tanti da riflettere e denunciare l’incapacità della politica di trovare soluzioni pragmatiche ed efficaci. A discuterne, in occasione di una conferenza stampa organizzata da Consenso Europa, Rino Di Meglio, coordinatore nazionale di Gilda degli Insegnati – Federazione Gilda Unams.

Punto di partenza la rimunerazione economica che piega fino “alla povertà” gli addetti ai lavori.”I nostri docenti sono tra i meno pagati del mondo occidentale. Un questione, questa, che sembra senza soluzione”, osserva Di Meglio che subito fa riferimento al rinnovo del contratto 2019-2021, che i sindacati andranno a chiudere la prossima settimana. “Il contratto prevede un aumento in media di 110 euro lordi, ovvero 40/50 euro netti al mese. Il che significa che per questo rinnovo ci sarà il 4.3% di aumento, che su uno stipendio già basso è pochissimo. Ciò perché noi, in qualità di sindacati, possiamo stanziare i rinnovi contrattuali solo nei limiti previsti dalla legge di bilancio. Ma è ben evidente che l’incremento in programma non può andare a risolvere quello che senza mezzi termini è da considerarsi come uno dei problemi storici del mondo dell’insegnamento”. Porta in luce la bassa retribuzione che connota  il mondo della scuola anche la forbice salariale che si registra rispetto al sistema accademico. “Un bidello prende nelle scuole il 20-30% in meno in relazione ad un collega che lavora in ateneo. Tutti i politici riconoscono questa situazione, ammettono il problema generale, si aprono al dialogo con i sindacati, ma stranamente le problematiche nel tempo si cristallizzano invece che essere risolte”.

Stando ai dati rilevati dal “Portale Unico dei Dati della Scuola”, citati da Di Meglio, “ad oggi i precari ammontano a 224mila mentre nel 2017 risultavano essere 124mila. La cifra mostra che in 7 anni sono quasi raddoppiati. A soffrirne di più i giovani docenti. E se è vero che, per quest’ultimi, partiranno a settembre i concorsi che prevedono 70mila posti è anche vero che ci vorranno 2 anni prima che questi concorsi volgano al termine. Speriamo inoltre che l’algoritmo utilizzato per l’assegnazione delle cattedre, a furia di errori, questa volta funzioni e che si trovi anche una soluzione per il tema degli affitti, così alti nelle metropoli da impedire ad un docente di poter far fronte alle spese. Valditara aveva proposto le ‘gabbie salariali’ ossia stipendi diversificati tra nord e sud, ma la soluzione pensata, oltre ad essere incostituzionale, non è una soluzione. Si dovrebbe intervenire sul tema degli insegnanti impiegati nelle aree urbane a prescindere da nord e sud”.

A questo aspetto Di Meglio ricollega il progetto dell’autonomia differenziata “disastrosa per le scuole, dal momento che non farebbe altro che andare ad aumentare il divario, noto da tempo immemore, tra nord e sud del Paese”. Ad essere bocciato è anche il sistema dell’autonomia scolastica “che è diventata autonomia del dirigente e dell’amministrazione. Le scuole si sono trasformate, registrando numeri esorbitanti. Molte arrivano a 2mila alunni e 200-300 docenti, con collegi, conseguentemente, troppo popolati, il che si traduce nella difficoltà di prendere decisioni dato il numero di menti chiamate in causa”.

Anche l’articolato e tortuoso meccanismo burocratico “andatosi a complicare nel corso degli anni” rende la scuola  “vanamente difficile”. A ciò si aggiungono le frequenti modifiche che interessano il sistema di reclutamento e che vanno a “ostacolare più che facilitare l’inserimento nel percorso lavorativo”.

Completa il quadro la “scarsa dignità professionale riconosciuta agli insegnanti. Basti pensare ai recenti eventi di cronaca. All’interferenza delle famiglie, alla mania delle denunce, alle vessazione subite dai docenti. A giocare un ruolo chiave è in primo luogo il codice disciplinare, non uniforme a livello nazionale, ma in balia dell’arbitrio delle singole realtà scolastiche”.  Risulta allora evidente, per Di Meglio, che il mondo della scuola è, ad oggi, una “macchina che non funziona e che la politica è incapace di far funzionare”.